25 Giugno 2017
Di
Federica Verona

Quali politiche per le periferie? Un'occasione di scambio al Politecnico di Milano

Mercoledi 21 giugno si è tenuto, al Politecnico di Milano, il convegno "Quali politiche per le periferie?" Riflessioni a partire dal Piano periferie del Comune di Milano". Una occasione di scambio preziosa tra Amministrazione e soggetti diversi che lavorano attivamente sul tema delle periferie. A partire dall'analisi introduttiva condotta da Carolina Pacchi e Gabriele Pasqui: il punto di vista degli indirizzi e degli strumenti di policy adottati nella prospettiva di utilizzo delle competenze, a partire da quelle universitarie, nei processi di progettazione, attuazione, monitoraggio e valutazione delle politiche per le aree periferiche. Mirko Mazzali ha raccontato, entrando nel merito, il lavoro che l'Amministrazione sta svolgendo in tutte le sue parti per l'attuazione del Piano periferie. Chiara Bartolozzi ha ben descritto la filosofia con cui Fondazione Cariplo pone attenzione al territorio finanziando progetti e realtà attive;  Antonella Bruzzese ha portato una testimonianza viva e attenta del ruolo dei Municipi attraverso la sua esperienza di assessorato all'urbanistica del Municipio 3. Claudio Calvaresi e Federica Verona hanno fatto una riflessione sull'agenda dal basso. Ilaria Valente, Preside della scuole di Architettura, ha parlato del ruolo della formazione universitaria in architettura e urbanistica utile a costruire azioni efficaci nei contesti periferici. Gabriele Rabaiotti, assessore alla casa, ha chiuso la tavola rotonda portando una riflessione ampia sulle opportunità ma anche sulle difficoltà che la Giunta sta incontrando attraverso la realizzazione del Piano Periferie. Molti sono stati gli interventi a seguire da parte di docenti e ricercatori del Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico, moderati da Corinna Morandi.

 

Qui di seguito trovate l'intervento di Federica Verona, presidente di TumbTumb, l'associazione promotrice di Super, il festival delle periferie:

 

Le piccole normalità straordinarie della periferia, tra attivismo e fatiche

 

Le immagini che vedete scorrere dietro alle mie spalle sono tratte dalla prima tappa di Super, il festival delle periferie a milano. Un progetto nato nel 2015 da un gruppo interdisciplinare di persone di cui faccio parte (antropologi, fotografi, designer, urbanisti, web designer) che hanno deciso di utilizzare le proprie competenze in maniera libera e indipendente per conoscere e interagire con le periferie, iniziando da Milano.

Per farlo siamo partiti dall’idea di mettere in discussione lo stereotipo che accompagna questi territori guardati quasi esclusivamente solo al negativo a partire dalle cronache dei quotidiani fino ad alcune campagne elettorali.

Così abbiamo iniziato a concentrarci  sulle piccole “normalità straordinarie” che la periferia la rigenerano ogni giorno: comunità composte da persone capaci di attivare processi dal basso, associazioni, gruppi informali, singoli individui che animano, in un grande palinsesto continuo, i territori di cui fanno parte e pian piano li modificano producendo attività culturali, sportive, sociali, imprenditoriali, sostituendosi al welfare e inventando di fatto nuove politiche.

Il festival che è un progetto lento perché ci siamo voluti dare il tempo della ricerca, ha iniziato il suo percorso compiendo nella sua prima tappa 23 tour aperti a tutti dove abbiamo intervistato e ascoltato circa 150 realtà e da settembre, grazie a una borsa di studio dell’European Cultural Foundation, inizieremo un percorso di restituzione e di quanto ascoltato aprendolo alla città e alle Istituzioni.

Promuoveremo infatti dei momenti di confronto in cui le realtà che abbiamo incontrato saranno protagoniste e potranno contribuire alla costruzione di alcune istanze che noi crediamo importanti per il futuro della città. Abbiamo inoltre costruito una piattaforma on line iosonosuper.com dove attraverso i diari di viaggio riportiamo le storie ascoltate in tour e stiamo lavorando per permettere alle realtà stesse di raccontarsi in una visione di insieme. Partiranno inoltre 10 progetti curatoriali che intersecheranno i temi incrociati e proveranno a promuovere punti di osservazione diversi il tutto verrà messo in scena in una grande festa finale nel 2018  dove avere l’occasione di promuovere un grande dibattito a livello nazionale e internazionale che però parta da chi le periferie le abita e le vive. Ci stiamo impegnando molto per raccogliere i fondi per arrivare alla fine del progetto e non è sempre una cosa facile.

Dal lavoro di ascolto di questo anno e mezzo di tour abbiamo avuto la grande fortuna di imparare, un’occasione di formazione continua e preziosa che ci ha permesso di conoscere molto più’ a fondo la città in cui viviamo e che abbiamo scelto. Ci siamo mossi in senso antiorario girando la città e abbiamo cercato di incontrare quante più realtà abbiamo potuto, sospendendo ogni giudizio, abbiamo solo preferito incontrare chi è meno conosciuto di altri.

Cosi’ abbiamo visitato biblioteche di quartiere dove i bambini cinesi passano interi pomeriggi da soli perchè i genitori lavorano e dove i senza casa cercano una sedia al caldo e un bagno accessibile. Abbiamo visitato co-working  fab-lab, falegnamerie di quartiere che combinano creatività e progetti sociali, orti in condivisione in luoghi inimmaginabili dove si aggregano comunità di giovani e di anziani. Spazi dello sport completamente reinventati dove la passione per il parkour può occupare ragazzini con situazioni personali difficili ma può anche diventare una start up, un’impresa. E poi abbiamo visto spazi rigenerati e messi a disposizione della cultura, dove si fanno concerti di musica elettronica al pomeriggio perchè l’ascolto della musica è una scienza e dove si rifanno gli infissi, insonorizzandoli, ai vicini che nel frattempo diventano soci dell’associazione; cascine ristrutturate, fattorie che fanno pet therapy, parchi che sono vere e proprie oasi naturali ma che fino a qualche anno prima erano centrali dello spaccio milanese e molto altro, potrei andare avanti per ore.

Ma cosa ci e’ rimasto da tutto questo? Cosa abbiamo capito?

Innanzitutto che queste realtà sono antenne preziose di ciò che accade nei quartieri, vivendoli quotidianamente sono una sorta di presidio spontaneo e ciò che manca e’ mettere insieme le loro visioni in una prospettiva più ampia, non solo locale e legata al proprio territorio di competenza ma in maniera allargata a tutta la città. Spesso infatti si fanno cose simili in quartieri diversi senza che chi le propone si conosca. Per cui diventa importante creare sinergie e momenti di scambio, riportando centralità nell’ascolto di questi sguardi di eccellenza.Come diventa importante riconoscere il loro volontariato civico, perchè, se non ci fossero loro, i quartieri sarebbero deserti.

Per cio’ che abbiamo visto, molte di queste realtà agiscono nel silenzio e lontano dai riflettori, agiscono per le proprie comunità di riferimento ma a fatica sanno parlare con la politica con chi amministra e con chi può aiutarli a superare un ostacolo burocratico. Nel suo piccolo Super, attraverso il festival, sta cercando di dar loro voce in vari modi, ma di certo provare ad avere della periferie una visione quanto più complessiva possibile è un esercizio che è giusto continuare a fare sempre e che dobbiamo continuare a fare tutti.

La loro azione continua sul territorio sta cambiando interi quartieri li risemantizza, attivando e inventando spontaneamente nuove funzioni dove la cultura diventa motore sociale, lo sport ha una funzione educativa e sociale, il verde e la coltivazione diventano pretesto per riappropriarsi di parti di città. Forme spontanee capaci di aggregare bisogni diversi e dare più risposte nello stesso momento scompaginando le regole classiche dell’assistenza sociale e della promozione culturale.

Certo le burocrazie non aiutano. Non tutte le realtà sono associazioni strutturate, questo rende più difficile l’organizzazione anche di piccoli momenti di aggregazione che facilmente riempirebbero ancora di pià gli spazi pubblici di attività culturali sociali e sportive. L’occupazione di suolo pubblico, anche solo per un pranzo tra vicini di casa ad esempio, e’ un onere spesso troppo impegnativo come lo e’ il tariffario Siae che, se anche solo si proietta un film in un cortile, è un vincolo impossibile da aggirare.

Per questo creare un filo di comunicazione diretto e capace di raccogliere anche piccole istanze come queste, per poter dare delle risposte precise, può fare la differenza.

Lo stesso vale per ciò che riguarda l’accesso ai finanziamenti, un tema spinoso per tutti. Chiaro che, oltre alle Fondazioni come Cariplo, che tanto già fanno per questa città, non può essere l’amministrazione a finanziare tutto ciò che in periferia accade e il co-finanziamento richiesto solitamente nei bandi e’ una giusta garanzia del buon impegno per raggiungere l’obiettivo, però è anche vero che per chi è poco strutturato, la scrittura di un bando, l’elaborazione di un budget non è cosa semplice. Il rischio, poi, è che ci si impegni economicamente per anticipare quanto è necessario rendicontare per avere il saldo, nel caso di vincita del bando, andando in passivo. Per questo sarebbe importante avere un accompagnamento, una guida che permetta a tutti di arrivare preparati e coscienti alla raccolta fondi. E magari in parallelo provare a costruire modelli più agili di accesso ai finanziamenti anche per progetti più piccoli a investimenti meno importanti per progetti realizzabili anche in poco tempo. L’amministrazione, inoltre, per il ruolo che ha è in grado più di altri di attirare investitori interessati a contribuire al miglioramento dei quartieri, diventando garante di processi virtuosi.

Infine un accenno al tema della qualità dell’abitare e degli spazi pubblici. Oggi è urgente più che mai rilanciare il rapporto tra progetto e vissuto, in periferia  come al centro, per i poveri e per  i ricchi, imparando dagli errori fatti nella progettazione di quartieri come Santa Giulia, Via Adriano, Cascina Merlata, Bicocca, dove l’assenza di socialità e il mancato utilizzo di spazi pubblici è sintomo di quanto solo il patrimonio degli investitori sia stato valorizzato a discapito degli abitanti. Oggi serve riportare al centro il dibattito sulla qualità dei processi complessi ripensando a servizi di qualità, mix tra funzioni e parametri elevati da rispettare, frutto di una idea e visione complessiva di città dove tanto sono importanti le grandi operazioni tanto lo sono i piccoli spazi pubblici utilizzati dai cittadini. In un periodo in cui la crisi ha bloccato le grandi operazioni immobiliari dobbiamo farci trovare preparati se il mercato dovesse ripartire per non fare gli stessi errori del passato, per questo, qui, riporto una proposta fatta anche in Triennale in occasione di Arch Week nel dibattito sulle periferie curato da Gabriele Pasqui e rilanciata da Stefano Boeri in cui dicevo che questo potrebbe essere una buon momento per lanciare un laboratorio di formazione permanente che aggreghi il Politecnico, figure competenti dell’architettura, dell’urbanistica, delle scienze e delle nuove tecnologie ma anche quegli operatori/investitori che vogliano mettersi in discussione per affiancare l’amministrazione al fine di formare tecnici comunali, supportare la commissione del paesaggio nel duro lavoro di selezione che deve compiere, promuovere e lanciare concorsi aperti anche per riqualificare piccoli spazi urbani, per lo sport e il tempo libero, una piattaforma che sappia rilanciare idee per nuove forme di risparmio e condivisione di beni tra abitanti e che riporti, magari in Triennale, il dibattito sul futuro e sulla qualità di questa città.

Per concludere, la lentezza, è fondamentale per costruire qualsiasi processo di mutamento. Ragionare a venti trent’anni da adesso, significa immaginare di lavorare per i bambini di oggi lasciando loro una città migliore, spesso purtroppo però cambi di amministrazioni, cambi di governo, dettano agende che rischiano di non avere il tempo necessario per approfondire e calibrare investimenti e risorse nel lungo periodo. E’ un paradosso tutto italiano quello che ha visto uscire in maniera fulminea i bandi periferie annunciati dal governo per i comuni, a giunte non ancora insediate l’anno scorso. Tuttavia questo paradosso può comunque presentare un’ occasione importante perchè gli investimenti stanziati sono risorse importanti. E perchè diano frutto serve una relazione proficua e approfondita tra istituzioni e territorio, proprio perchè è attraverso le antenne territoriali da cui siamo partiti che gli investimenti pubblici eviteranno di ridursi a semplici spot che per quanto positivi rischiano di non lasciare un segno profondo che è invece ciò che serve.

Milano sta diventando un modello virtuoso per l’Italia, così ci piace raccontarla e in parte è anche vero ma la persistenza di questo modello sarà data, davvero, dalla capacità di costruire meccanismi sostenibili duraturi e permanenti di cultura socialità e attenzione alle periferie  e ai comuni della città metropolitana che, dialogando sempre più tra loro e crescendo, danno respiro ed energia alla città, una energia che può essere capace di contagiare il resto del paese.

 

Qui il video integrale del convegno:

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