21 Marzo 2018
Di
Federica Verona

Essere grandi essere piccoli: il racconto del terzo laboratorio de "Le sette giornate di Super"

In attesa del laboratorio “Per un’idea di capitale sociale”, eccoci con il racconto della giornata di sabato 10 marzo 2018, dove abbiamo lavorato al tema “Essere piccoli essere grandi - La dimensione rilevante dei soggetti e degli attori”.

Grazie all’ascolto e alla facilitazione attenta di Barbara di Tommaso abbiamo affrontato un tema che poteva essere molto scivoloso.  Essere piccoli e grandi nasce da tutte quelle esperienze, soprattutto piccole, incontrate da Super nelle periferie milanesi che, nella trasformazione, hanno vissuto e vedono una cifra di cambiamento spesso percepita come “fatale” perché mette a rischio il patrimonio etico, politico e valoriale “originale”.

"Ma è davvero così?" ci siamo chiesti con il gruppo di lavoro che ha cominciato a riflettere con noi il 2 dicembre durante l’inaugurazione delle 7 giornate di Super?    

La tensione verso un diventare “grandi” (es. allargamento soci, aumento capacità di raccolta fondi, ampliamento reti per essere incisivi) è forte e pone molte organizzazioni in una posizione di ambivalenza. E’ a partire da queste piste che abbiamo cominciato il laboratorio.

Per questa sfida ci ha accolto il negozio di prodotti biologici AEMOCON che abbiamo incontrato nei nostri tour: un’attività economica piccola e accogliente nel cuore del quartiere Dergano che ci tiene alla qualità dei prodotti e delle relazioni di prossimità come valori per decostruire i pregiudizi sulla disabilità. Tutti i giorni infatti chi fa la spesa nel negozio viene servito da un gruppo di ragazzi disabili. E la disabilità è passata in secondo piano, quasi nessuno sembra farci caso, quello che conta è la qualità dei prodotti e delle relazioni che stanno dietro a quei prodotti e a quel commercio.

All’invito ha risposto compatto il piccolo gruppo con cui avevamo avviato la riflessione in occasione della giornata inaugurale de "Le 7 giornate di Super" di dicembre 2018 a cui si sono aggiunti anche nuovi partecipanti. Alcuni che non potevano, ci hanno seguito da lontano. E così ci siamo ritrovati in un sabato uggioso ma non per questo meno bello con Alberto Aldeghi di Si, si può fare (che ci ha accolto nel negozio, iniziativa della sua organizzazione), Fabio Bedostri de Il Circolo dell’Ortica, Gianluca Alfano di Spazio Agorà, Paolo Mandelli che si è presentato con due cappelli, quello di Spazio Terzo Tempo Ululì e quello della Cooperativa La Musa, Marco Nicotra di Bolo Paper e Tipografia Reali e infine Valentina Sachero, socia di E’ Nostra, una piccola grande cooperativa di “prosumers” che fornisce energia elettrica ai soci.

Ad ascoltarci, per poi restituire al pubblico alcune piste di lavoro, abbiamo invitato Franca Manoukian Olivetti, socia fondatrice di APS, esperta di organizzazioni e di lavoro sociale. E’ arrivata nonostante la pioggia battente e un lungo viaggio in treno da Napoli a cui ne sarebbe poi seguito un altro in serata per rientrare a casa, finalmente, a Como. Tutte queste premesse, una tisana allo zenzero e il clima di curiosità e convivialità che si è creato fin da subito hanno sciolto i geli del tempo e le fatiche della settimana. Eravamo pronti per cominciare.

Il pomeriggio è stato molto intenso. Barbara Di Tommaso ha proposto di guardare al laboratorio come a un momento introspettivo per riguardare alle esperienze dei soggetti presenti, individuando le tappe e i passaggi critici che hanno dato vita a cambiamenti interni ed esterni così da poter apprendere dalle reciproche storie e arrivare alla fine alla condivisione di un vocabolario essenziale sulla posta in gioco dell’essere piccoli essere grandi. Tutto questo per provare a rispondere a una domanda finale: cosa se ne fa la città e la comunità di cittadini delle nostre dimensioni? Quale può essere il contributo della città per far crescere e convivere in modo virtuoso le diverse associazioni nelle loro diverse dimensioni?

Per cominciare i lavori Barbara ha proposto a tutti i soggetti brevi interviste “incrociate” a coppie con l’obiettivo di un primo ascolto e di mettere in gioco soggetti, organizzazioni, questioni critiche accomunanti e divergenti, rispecchiamenti e distanze. A coppie i partecipanti si sono quindi intervistati reciprocamente secondo gli interessi principali ed in relazione al tema del laboratorio. A conclusione di questo momento ognuno ha presentato l’altra persona e sono emerse diverse accezioni di “piccolo” e “grande”.  Tanti che si percepivano piccoli hanno “scoperto” anche di essere portatori di “grandezze”.

A questo punto Franca ha lanciato uno stimolo: "per capire cosa si gioca tra piccolo e grande è importante interrogarsi sul valore sociale che ogni organizzazione si propone di portare avanti. Se non si parte da questa domanda, è difficile capire qual è la cifra del cambiamento che vogliamo intraprendere". A partire da qui ognuno ha fatto emergere i valori sociali di cui è portatore e li ha messi sul tavolo. Sì si può fare è una cooperativa che mette insieme 17 famiglie e che scommette sulla contaminazione con i GAS per mettere in piedi un negozio di prodotti di qualità per scommettere sull’autonomia dei figli disabili che ci lavorano e sulla decostruzione dei pregiudizi; il Circolo dell’Ortica ha individuato nel concetto di “risignificare” in gruppo la chiave di volta della trasformazione da vecchio circolo della cooperativa edificatrice a circolo che funge da hub per le associazioni di quartiere.

E così anche nell’esperienza di altri: nell’esperienza di "E’nostra" fondamentale è l’autodeterminazione di cittadini che credono nella tutela dell’ambiente e scelgono modalità di consumo che rappresentano un piccolo atto politico che può influire sui meccanismi più grandi; per quel che riguarda Spazio Agorà è fondamentale l’ancoraggio territoriale e il faccia-a-faccia per poter far crescere la coscienza politica dei cittadini nella partecipazione alla comunità. Per Spazio Ululì è la non distinzione tra professionista e dilettante, il lavoro su un percorso personale e non competitivo.

Tutte le tracce emerse sono state poi restituite nel momento aperto al pubblico a cui Barbara Di Tommaso ha proposto una sintesi dei lavori rilanciando la palla a Franca Manoukian per un approfondimento. Franca è partita tracciando uno schema in cui ha messo in evidenza le tensioni che si giocano tra valori sociali di cui le organizzazioni si fanno portatrici e la loro capacità di diffondere questi valori costruendo relazioni e facendo crescere comunanze di valori. Se le persone non interiorizzano questi valori rischiano di assumere sguardi eterodiretti, sempre di più e più che mai oggi è importante rompere questa prospettiva. A fronte di questo la polarizzazione grande-piccolo sembra decadere perché quello che conta è la qualità dei processi e la capacità di fare acculturazione di valori sociali (es. diritti delle persone e tutela dell’ambiente) in una società che va sempre più verso la frammentazione e la strumentalizzazione delle competenze piuttosto che verso le connessioni e l’uso di competenze per rinnovare e mantenere il bene pubblico.

Il confronto è stato molto intenso e ha portato scambi e energie preziosi. Fuori la pioggia continuava battente e Franca è corsa a prendere il suo ultimo treno ma non senza prima fare la spesa, cosa che poi abbiamo fatto tutti. Non si poteva resistere ai pugliesi, all’Erbaluce, agli squisiti sottoli e a tante altre prelibatezze che Alberto ci ha generosamente fatto gustare insieme al nostro pubblico al termine della serata.

 

Testo: Chiara Lainati;  Fotografie: Federica Verona

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